“Ancora posso scrivere d’amore” scriveva
il poeta Dario Bellezza, grande amico di Pier Paolo Pasolini morto ucciso dall’Aids. “L’orchidea è il fiore più bello ma anche il più malvagio”, mi diceva una mia amica, “perché non riconosci quello che è vero da quello che è finto”.
Come questo nostro tempo.
In
Orchidee c’è, come in tutti i miei spettacoli, il tentativo di
fermare un tempo che sto attraversando. Un tempo mio, della mia compagnia, le persone che lavorano ormai da molti anni con me, ma anche un tempo che stiamo attraversando e vivendo oggi tutti noi. Italiani, europei, occidentali, cittadini del mondo. Un tempo confuso dove mi sento, ci sentiamo, in tanti, credo, sperduti…
Orchidee nasce anche da
un grande vuoto che mi ha lasciato mia madre quando è partita per sempre. E così il vuoto. Il sentirsi non più figlio di nessuno. Il vuoto dell’amore.
Ma
Orchidee nasce anche da tanti vuoti da tanti abbandoni. (…)
Credo che
Orchidee rappresenta per me quel bisogno vitale, incontenibile, di continuare ancora nonostante tutto a scrivere, a
parlare dell’amore.
Pippo Delbono
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