Un monologo di narrazione che alterna l'interpretazione teatrale di alcuni passaggi originali a momenti di raccordo riscritti nel rispetto dello stile e della struttura del testo ma che permettono di attraversare l’intero romanzo in 50 minuti.
L’obiettivo è quello di mettere in luce la varietà stilistica, il ritmo, e la visione politicamente cinica e disincantata contenuta nei
Promessi Sposi, spesso shiacciati dall’etichetta di romanzo “mattone” che si studia a scuola. Il linguaggio attorale di riferimento è uno
stile giullaresco alternato alla
narrazione pura. L'accompagnamento musicale attraverso l'utilizzo di
percussioni dal vivo, contribuisce ad arricchire il ritmo e l'atmosfera di alcuni passaggi.
La visione critica di Manzoni è molto chiara: dietro un apparente lieto fine, si staglia un quadro quasi apocalittico di una Milano devastata dalla peste dilagata a causa della cecità del potere politico concentrato nella vittoria della guerra piuttosto che nella salvaguardia del paese e della popolazione. La funzione della tanto centrale Divina Provvidenza assume allora un tono di
speranza innocente alla quale i poveri e ignoranti cittadini, che non hanno nessun potere sociale, hanno il diritto di affidarsi per cercare un
equilibrio nella propria vita altrimenti gestita da un potere politico imperscrutabile.
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