C’è una trasparenza particolare del gesto che appare quando disorienta la volontà, ed è un gesto che si mostra nella sua filigrana di nervature e tattilità, percuotendo la pelle e affiorando sottile e irruento come un brivido.
Qui, la forma si manifesta come apertura allo spazio, come tessitura sul paesaggio, che continuamente depista e sbilancia l’approdo finale evidenziando la nudità percettiva, l’affiorare del “tocco”, la ricerca di un’essenzialità del movimento per nulla in appoggio e teso alla sua quadratura.
In questo lavoro le azioni di Stefania sono immersioni transitorie, guizzi, addensamenti, radicamenti e fioriture, per ricrearsi la meraviglia, per ricredersi.
Per essere al contempo flusso e citazione e disseminare humus, cogliere l’emersione di un getto, di un germoglio, di una variabile a cui dedicarsi. Inesorabilmente.
Non c’è desiderio di mutazione ma di espansione.
Tutt’intorno si irradia la potenza inclusiva del movimento, in grado di accogliere, nel suo processo di attualizzazione, l’attimo presente e tutto ciò che inibisce.
Ciò che vedo e odo e ciò che non mi è possibile vedere e udire…ma che posso percepire, ai margini, come possibile, inspiegabile, stupore
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