Hamlet

Danza

nell'ambito di Tanznacht Berlin

Essere figli è una caratteristica imprescindibile all’esistenza umana. Nasciamo da altri, da cui ereditiamo un’origine e da cui impariamo a vivere procedendo per modelli imitativi, proprio come alcuni animali. I figli degli esseri umani però, a un certo punto della loro vita, devono liberarsi da ciò che gli altri, esplicitamente o segretamente, avevano in piano per loro. Se questo riscatto non avvenisse, la vita di chi nasce si consumerebbe nell’affanno cieco di dover rientrare in un disegno, invasivo o latente, che non gli è mai appartenuto.
Il personaggio di Amleto di Shakespeare è incastrato in un comando di vendetta che il proprio padre gli ha imposto, ma che lui non riesce a portare a termine fino all’ultima scena della tragedia, quando ormai è troppo tardi. Dall’impossibilità del figlio Amleto ad agire si sviluppa l’idea di questo spettacolo, che vorrebbe tradurre in immagini il difficile processo di individuazione di una persona.

La ricerca coreografica di questo lavoro si avvicina molto al concetto di corporeità che accomuna i riti di possessione di tutto il mondo, senza avere l’intenzione di replicare o peggio di imitare nessuna di queste pratiche cultuali. La condizione corporea che si riscontra nelle trance di possessione – in particolare in quelle che prevedono una lacerante separazione tra persona e alterità, piuttosto che un’unione mistica con la divinità – è infatti molto simile a quella mentale di Amleto. Non essere sé stessi, uscire da sé, diventare niente e nessuno in modo tale da poter offrire il proprio corpo a qualcun altro – un’alterità che varia a seconda della cultura – che entrerà e cavalcherà il corpo. In questa abnegazione totale si perde temporaneamente la capacità di sentirsi, di decidere e di esserci. L’idea di concepire il corpo come una tunica di pelle (è proprio ciò che significa Habitus, letteralmente ‘modo di essere’, in greco Héxis), riempita o indossata da qualcun altro, è stata una chiave nella creazione di questo lavoro.

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dal 21/07/2021 al 24/07/2021 ore 19.00
Concept: Dewey Dell
Coreografia: Teodora Castellucci
Con: Ivan Björn Ekemark, Dylan Guzowski, Layton Lachman
Musica originale: Demetrio Castellucci
Disegno e realizzazione costumi: Guoda Jaruševiciute
Direzione tecnica, disegno luci, realizzazione oggetti di scena: Vito Matera
Scena: Transforma
Realizzazione della scena: Ben Clark
Scultura: Matteo Lucca, “Human”, pane con trattamento di consolidamento
Video e grafica: Clio Casadei con Riccardo Gambi
Disegno maschere: Studio A – Thom Roberts “Grey Face” 2019-20; “Red Face” 2019-20
Produzione, assistenza alla coreografia: Agata Castellucci
Gestione e amministrazione del progetto: Raquel Moreira
Documentazione video: Ilaria di Carlo con Ethan Folk e John Nguyen
Progetto finanziato da Hauptstadtkulturfonds (German Cultural Capital Fund)
Coproduzione: Tanzfabrik Berlin (col sostegno di Regierender Bürgermeister von Berlin – Senatskanzlei – Kulturelle Angelegenheiten), Dewey Dell, Triennale Milano Teatro
Dewey Dell APS
Indirizzo: via del Priolo 1080
47522 CESENA (FC)
Telefono: +39 338 2825745
Email: infodeweydell@gmail.com
Sito Web:http://www.deweydell.com/