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Legislatura XI - Atto ispettivo ogg. n. 4269

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Oggetto:
Testo presentato:
4269 - Interrogazione a risposta orale in commissione circa l'esito dello studio commissionato dalla Regione sull'ipotesi di ampliamento dell'area estrattiva del Polo Unico Regionale del gesso in località Monte Tondo nei comuni di Riolo Terme e Casola Valsenio (RA). A firma della Consigliera: Zamboni

Testo:

INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE IN COMMISSIONE

 

Premesso che

 

        è stato reso pubblico di recente lo studio commissionato dalla Regione per valutare la possibilità di ampliamento dell’area estrattiva del Polo Unico Regionale del gesso in località Monte Tondo, che si trova nella zona area contigua del Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola;

        dopo 63 anni di attività della cava di Monte Tondo, di proprietà della multinazionale Saint Gobain, un ambiente naturale unico al mondo e uno straordinario “bene comune”, qual è la Vena del Gesso Romagnola, versa in uno stato di conservazione critico;

        dei quattro diversi scenari presi in esame dallo studio, quello ritenuto il più auspicabile dagli estensori è lo scenario B, che ipotizza la prosecuzione dell’attività estrattiva secondo lo scenario 4 dello studio ARPA 2001 e prevede di contenere l’area di estrazione del gesso entro i confini del vigente PIAE;

        l’analisi evidenzia che la quantità di gesso estraibile all’interno dell’attuale perimetro del PIAE è nettamente superiore a quanto comunicato dall’azienda. Lo studio ritiene quindi giustificato “considerare il nuovo periodo di attività come l’ultimo possibile e concedibile, inserendo opportune clausole di salvaguardia negli atti autorizzativi corrispondenti” e propone di “utilizzare il decennio di ulteriore attività mineraria per attuare adatte politiche di uscita dal lavoro degli addetti oggi impiegati, in modo da minimizzare il problema al momento della cessazione delle attività”.

 

Considerato che

 

        lo scenario B, pur non prevedendo un ulteriore ampliamento dell’area di cava, rischia di consentire la distruzione di altre grotte appartenenti all’importante sistema carsico dell’area, in evidente contrasto con la Legge regionale n. 10 del 2005 (Istituzione del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola) che all’art. 6, comma 7, vieta espressamente:

        la modifica o l'alterazione del sistema idraulico sotterraneo;

        la modifica o l'alterazione di grotte, doline, risorgenti o altri fenomeni carsici superficiali o sotterranei;

        la Legge regionale n. 6 del 2005 (Disciplina della formazione e della gestione del sistema regionale delle aree naturali protette e dei siti della rete natura 2000) vieta anche nelle aree contigue dei Parchi l'apertura di miniere e l'esercizio di attività estrattive anche se previste dalla pianificazione di settore, “fatta salva la possibilità del piano territoriale del Parco di prevedere attività estrattive, da attuarsi tramite piani delle attività estrattive comunali, esclusivamente se la gestione e la sistemazione finale delle aree interessate è compatibile con le finalità del Parco ed in particolare contribuisce al ripristino ambientale delle aree degradate. La destinazione finale delle aree estrattive persegue le finalità dell'uso pubblico dei suoli, previo idoneo restauro naturalistico delle stesse, ed è definita dal Piano tenuto conto della pianificazione di settore vigente;

        il Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola, dopo ben 16 anni, non ha ancora approvato il proprio Piano territoriale.

 

Sottolineato che

 

        il suddetto studio ha scatenato numerose reazioni contrastanti: da un lato la Federazione speleologica regionale e numerose associazioni ambientaliste, tra cui WWF, Legambiente Emilia-Romagna, CAI Emilia-Romagna, che chiedono di programmare una volta per tutte la fine delle attività estrattive e la riconversione del sito, dall’altra Saint Gobain Italia che ritiene lo studio inadeguato e incompleto, e di conseguenza non realistico lo scenario B;

        le organizzazioni sindacali del settore ritengono necessario trovare soluzioni che salvaguardino il futuro delle famiglie delle lavoratrici e dei lavoratori che operano nella cava e nell’indotto e chiedono quindi che venga convocato un tavolo di confronto istituzionale, con le amministrazioni locali e con la Regione Emilia-Romagna;

        il Consiglio comunale di Casola Valsenio ha approvato all’unanimità una mozione in cui si sottolinea che la tutela del lavoro è un “requisito imprescindibile dello scenario finale che si dovrà perseguire attraverso la prosecuzione dell’attività estrattiva e il conseguente ripristino ambientale”. La mozione chiede di valutare la possibilità di un “adeguato ampliamento dell’attuale perimetro del PIAE … per dare continuità all’attività dello stabilimento oltre i 10/15 anni ipotizzati”.

 

Ricordato che

 

        nel gennaio 2018 il Consiglio direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO ha deciso di inserire nella lista propositiva italiana dei siti naturalistici per il Patrimonio Mondiale dell’UNESCO il sito “Grotte e carsismo evaporitico dell’Emilia-Romagna”, facendo seguito alla candidatura proposta dalla Regione Emilia-Romagna e fortemente sostenuta dal Ministero dell’Ambiente;

        le attività estrattive rappresentano una delle cause di degrado ambientale a maggior impatto in quanto modificano in modo irreversibile la morfologia dei luoghi. Le attività di “ripristino ambientale” del sito al termine della coltivazione della cava, prese in esame dallo studio, sono ritenute dalle associazioni ambientaliste inefficaci per ripristinare lo status quo ante considerato che le peculiarità ambientali e morfologiche degli habitat distrutti sono il risultato di un processo evolutivo avvenuto nel corso di secoli. “Nel cratere della cava è impossibile ottenere qualcosa che possa anche minimamente riportare alla situazione originale” scrive ad esempio il Wwf.

 

TUTTO CIÒ PREMESSO E CONSIDERATO

 

INTERROGA LA GIUNTA REGIONALE PER SAPERE

 

        se, al pari della Federazione speleologica regionale e delle associazioni ambientaliste, condivida la critica che lo scenario B è anch’esso in contraddizione - come gli scenari C e D che prevedono un ampliamento della cava e una durata maggiore delle attività - con la normativa regionale citata in premessa, e, soprattutto, rischia di compromettere il percorso di candidatura del sito “Grotte e carsismo evaporitico dell’Emilia-Romagna” a Patrimonio Mondiale dell’UNESCO;

        quali passi, di sua competenza, intenda intraprendere in futuro la Regione per consentire di arrivare alla migliore soluzione che salvaguardi questo sito di particolare pregio naturalistico, senza compromettere il reddito dei lavoratori e delle lavoratrici.

 

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