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Legislatura XI - Atto ispettivo ogg. n. 4295

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Oggetto:
Testo presentato:
4295 - Interpellanza relativa al parere espresso dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) sul nuovo regolamento di settore per l'attività venatoria nelle aree contigue del Parco regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna. A firma della Consigliera: Gibertoni

Testo:

Interpellanza

 

Visti

 

        la deliberazione del 13 maggio 2021, n. 46, con cui il Comitato Esecutivo dell’Ente di gestione per i Parchi e la Biodiversità del Delta del Po ha approvato la proposta di Regolamento per la gestione venatoria delle aree contigue del Parco per il periodo 2021-2026;

        la deliberazione del 1° giugno 2021, n. 7, con cui la Comunità del Parco del Delta del Po (formata dai sindaci dei comuni o comunque dagli amministratori dei comuni, il cui territorio ricade nel perimetro del Parco e nell’area contigua) ha espresso il proprio parere in ordine al Regolamento di cui alla suddetta deliberazione del Comitato esecutivo n. 46, del 13 maggio 2021, trasmettendo l’atto in questione alla Regione Emilia-Romagna per la sua definitiva approvazione;

        la delibera di Giunta regionale 24 agosto 2021, n. 1330, recante “Approvazione del regolamento di settore per l’attività venatoria nelle aree contigue del Parco regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna” con cui si approva il regolamento di settore per l’attività venatoria nelle aree contigue del Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, proposto dall’Ente di gestione per i Parchi e la Biodiversità Delta del Po e inviato con nota acquisita agli atti prot. n. 487190/2021, secondo il testo di cui all’Allegato A, della stessa delibera, e le cartografie, ad alta risoluzione, di cui agli Allegati B e C, sempre della stessa delibera;

        il verbale della seduta, del 19 agosto 2021, della Consulta del Parco – Delta del Po sulla proposta di Regolamento per la gestione venatoria delle aree contigue del Parco del Delta del Po per il periodo 2021-2026;

        l’atto di sindacato ispettivo oggetto n. 3692, dell’8 luglio 2021, recante “Interpellanza sul Regolamento per la gestione venatoria delle aree contigue del Parco del Delta del Po per il periodo 2021-2026. A firma della Consigliera: Gibertoni” e la relativa risposta dell’Assessore regionale alla “Montagna, aree interne, programmazione territoriale, pari opportunità” svolta nella seduta del 14 settembre 2021;

        la nota di ISPRA, prot. n. 47252, del 9 settembre 2021, indirizzata alla scrivente consigliera, avente ad oggetto “Interpellanza sul Regolamento per la gestione venatoria delle aree contigue del Parco del Delta del Po per il periodo 2021 – 2027 n. 3692 dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna” con cui il Responsabile Servizio “Coordinamento Fauna Selvatica” di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) trasmette il parere, del Responsabile dell’Area Pareri Tecnici e Strategie di Conservazione e Gestione del Patrimonio Faunistico Nazionale e Mitigazione Danni e Impatti sempre di ISPRA, su detta interpellanza e quindi sul Regolamento per la gestione venatoria delle aree contigue del Parco del Delta del Po per il periodo 2021-2026 che ne costituiva l’oggetto principale;

        la legge regionale 17 febbraio 2005, n. 6 “Disciplina della formazione e della gestione del sistema regionale delle aree naturali protette e dei siti di rete Natura 2000”, in particolare, il comma 2 dell’art. 38, e la legge regionale 23 dicembre 2011, n. 24, “Riorganizzazione del sistema regionale delle aree protette e dei siti della Rete natura 2000 e istituzione del Parco regionale dello Stirone e del piacenziano”;

        la legge 11 febbraio 1992, n.157, recante “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” e la legge 6 dicembre 2011 n. 394, recante “Legge quadro sulle aree protette”, in particolare, l’articolo 32, comma 3 che prevede: “All’interno delle aree contigue le regioni possono disciplinare l’esercizio della caccia in deroga al terzo comma dell’articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni dell’area naturale protetta e dell’area contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso articolo 15 della medesima legge”;

        la Direttiva “Habitat” 92/43/CEE e la Direttiva “Uccelli” 2009/147/CE, che rappresentano il principale pilastro della politica comunitaria per la conservazione della natura;

        il Trattato, firmato a Ramsar, in Iran, il 2 febbraio 1971, sulla protezione internazionale delle zone umide recante “Convenzione relativa alle zone umide d’importanza internazionale soprattutto come habitat degli uccelli acquatici” (ratificata e resa esecutiva dall’Italia con il DPR n. 448, del 13 marzo 1976, e con il successivo DPR n. 184 dell’11 febbraio 1987) che assicura il quadro di riferimento globale a tutela di queste aree e delle loro specificità e promuove programmi e azioni coordinate che ne consentano la conservazione e la valorizzazione, in particolare, l’art. 4, comma 4, che prevede: “Le Parti contraenti si sforzano, con la loro gestione, di accrescere le popolazioni di uccelli acquatici e palustri nelle zone umide appropriate.”;

 

premesso che

 

        la scrivente consigliera, con nota del 13 luglio 2021, ha trasmesso ad ISPRA l’interpellanza oggetto n. 3692, sopra citata, “affinché la suddetta proposta di nuovo “Regolamento di settore per l’attività venatoria nelle aree contigue del Parco regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna” fosse attentamente valutata dai tecnici” dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale;

        il parere espresso, nella nota di ISPRA prot. n. 47252, del 9 settembre 2021, conferma in pieno le carenze, le contraddizioni e le violazioni della legislazione vigente, nazionale e regionale, nonché, i punti in contrasto con le convenzioni internazionali e con le direttive comunitarie;

        le conclusioni a cui giunge il parere di ISPRA non lasciano alcun dubbio: “In definitiva, sulla base dei contenuti del Regolamento, degli allegati e delle informazioni disponibili, si può ritenere che la nuova regolamentazione inerente la gestione venatoria delle aree contigue del Parco regionale del Delta del Po nel periodo 2021-2026 non contenga elementi di discontinuità rispetto alla passata gestione e che le misure previste non possono determinare un significativo decremento della pressione venatoria diretta ed indiretta. Questo comporta il perdurare di effetti negativi per la conservazione degli habitat delle specie ornitiche di interesse venabile e protette che non consentiranno di apprezzare le potenzialità del territorio oggetto di gestione. Si nota altresì la mancanza di contenuti tecnico scientifici a sostegno delle misure previste e si rileva la sensazione - peraltro dichiarata dai redattori - che obiettivo del regolamento sia il mantenimento dello status quo minimizzando le ricadute sociale ed i potenziali conflitti locali. Ciò, purtroppo, va a discapito dell’attuazione di interventi efficaci finalizzati al miglioramento della conservazione e della tutela delle popolazioni di uccelli selvatici in una porzione molto rilevante del Parco.”;

 

considerato che

 

        anche nella disamina puntuale del Regolamento, svolta all’interno del parere di ISPRA, vengono evidenziate con chiarezza i punti del Regolamento poco chiari, contraddittori, carenti o in violazione della legislazione vigente così come delle direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali;

        il primo punto che viene affrontato, nella disamina, è quello della densità venatoria, confrontando i dati di densità venatoria potenziale, riportati nel Piano Faunistico Venatorio regionale 2018 - 2023, (peraltro calcolati con riferimento ai dati della stagione venatoria 2014 - 2015) che indica per ciascun cacciatore iscritto nei 9 ATC ferraresi la disponibilità che va da un minimo di un minimo di 23,8 ettari fino ad un massimo di 51 ettari mentre ciascun cacciatore scritto all’ATC RA02 dispone di una superficie potenziale dove esercitare l'attività venatoria di 15,1 ettari, con quelli previsti dal nuovo Regolamento che prevede densità venatorie variabili su base sub provinciale comprese tra un cacciatore ogni 30 ettari (sub-comprensorio 1 “Codigoro, Mesola, Goro”) a 1cacciatore ogni 28 ettari (sub-comprensori n. 2 “Comacchio” e n. 3 “Argenta”) nel ferrarese e sino a densità più che raddoppiate nel ravennate (sub-comprensorio n. 4 “Ravenna, Alfonsine, Cervia” ATC2: un cacciatore ogni 16 ettari, sub-comprensorio n. 4 “Ravenna, Alfonsine, Cervia”  ATC1: un cacciatore ogni 15 ettari);

        viene rilevato come, dal confronto tra il rapporto tra numero di cacciatori iscritti agli ATC le densità venatoria ammesse dalla Regione e dal nuovo Regolamento del Parco, la densità venatoria negli ATC emiliano-romagnoli e nelle aree contigue del Parco siano state definite avendo come riferimento la platea di cacciatori attivi nei diversi ambiti di caccia, piuttosto che seguendo criteri volti ad incrementare la compatibilità tra attività venatoria e conservazione delle specie e degli habitat, cioè finalità realmente coerenti con l’istituto dell’area contigua, che dovrebbe essere di salvaguardia ambientale e di come ciò venga confermato nel documento contenente il quadro conoscitivo e la valutazione di incidenza legati al nuovo regolamento e come infine la prevista differenziazione di densità venatoria tra province limitrofe non appare giustificata sotto il profilo ambientale;

        addirittura il parere fa notare come si arrivi all’assurdo per cui la Regione Emilia-Romagna, con questo nuovo Regolamento, disattende gli stessi parametri regionali, infatti, per i calcoli della densità venatoria non vengono considerate le superfici e le unità cacciatore afferenti alle aziende faunistico venatorie, nel ferrarese le aziende faunistico venatorie occupano superfici significative da 205 a 5.155 ettari e interessano ambienti di estrema importanza per l’avifauna acquatica svernante migratrice (Valli di Comacchio e Valli Bertuzzi) e sono poste in stretta continuità ecologica sia tra loro che con altre zone umide costiere, mentre la Sacca di Goro, le Valli di Gorino, le piallasse ravennati e le zone umide minori nelle aree contigue del Parco, pur essendo caratterizzate da habitat e avifauna del tutto simili, sono sottoposte a un diverso regime regolatorio;

        e continuando nell’elencazione delle assurdità del nuovo Regolamento, viene sottolineata l’anomala gestione venatoria nelle Valli di Comacchio che, insieme ad altri fattori di tipo antropico e naturale, contribuisce alla crescente povertà avifaunistica delle Valli in termini di numero di specie e esemplari laddove rapportata ad altre realtà, anche dello stesso Delta del Po, simili per tipologia ambientale;

        per quanto riguarda le aree contigue ravennati, la densità venatoria risulta addirittura di un ordine di grandezza più elevata di quanto previsto dai parametri regionali per gli ATC, tanto da essere riconosciuta come altissima negli stessi documenti del Parco, ad esempio considerando le aree pinetali, sulla base dei criteri regionali di densità (1 cacciatore ogni 16 ettari) a San Vitale dovrebbero essere ammessi meno di 95 cacciatori quando, invece, quelli effettivamente autorizzati annualmente sono circa 900 – 950, analogamente a Classe ne dovrebbero essere ammessi poco più di 54, contro i circa 300 effettivamente attivi, ancora a Cervia dovrebbero essere circa 30 contro gli oltre 120 ora ammessi;

        il nuovo Regolamento al fine di diminuire la pressione venatoria fa affidamento sulla naturale riduzione dei cacciatori praticanti per effetto del progressivo invecchiamento della popolazione venatoria, ma ciò oltre ad essere improprio come metodo, non si è ancora verificato e comunque, per esempio, per il ravennate, anche con la riduzione costante annua del 5% del numero di cacciatori, ipotizzata dal Comune di Ravenna per il quinquennio 2021 - 2026, occorrerebbero 9 - 10 anni per raggiungere una densità pari a quella massima calcolata con il criterio di un cacciatore ogni 16 ettari per il sub comprensorio n. 4 “Ravenna, Alfonsine, Cervia” un periodo, questo ,due volte più lungo di quello di validità del nuovo regolamento;

        anche nella definizione del calendario venatorio, ovvero delle giornate e degli orari di caccia, il nuovo regolamento non uniforma lo svolgimento dell'attività venatoria, né a livello territoriale complessivo, né a livello provinciale, così come invece prospettato nella relazione di incidenza, e anche nella definizione delle modalità di caccia si rilevano significative differenze tanto a livello provinciale, quanto di singolo sub - comprensorio e di tipologia ambientale “con variazioni su base stagionale mensile che non paiono in alcun modo tecnicamente giustificate, ma piuttosto il risultato di concessioni che assecondano di volta in volta le abitudini locali”;

        emergono differenze inspiegabili, sia per date che per orari di caccia, tra i vari sub comprensori, per esempio: le tre giornate di caccia concesse nell’azienda faunistico venatoria speciale Valli di Comacchio contro le due giornate concesse nelle altre aziende faunistico venatorie vallive, le quattro giornate di caccia concesse nelle aree vallive e nelle aree agricole del sub comprensorio n. 4 “Ravenna, Alfonsine, Cervia”, l'attività di caccia estesa quasi ovunque sino alle 16:00 o anche alle 16:30, la possibilità nella zona “a3. Valli meridionali di Comacchio” di accedere al sito di caccia dalle 03:00 alle 17:00 in orario solare, anziché dalle caccia dalle 04:00 alle 17:00 come sempre nelle confinanti Valli di Comacchio, ampliamenti dell’orario di caccia con il procedere della stagione venatoria, sino alla chiusura della caccia a fine gennaio, come dalle 12:00 alle 13:00 per il Canale Circondariale Mezzano o dalle 12 alle 16:30 nei sub comprensori ferraresi n. 1, 2, 3 o dalle 13:00 alle 16:30 circa (giovedì nei mesi di novembre, dicembre, gennaio nelle aree pinetali ravennati), tutte misure, queste, che soprattutto se sovrapposte con quanto previsto nel calendario venatorio regionale determinano una pletora di condizioni regolamentari da cui risulta difficile districarsi e che, contrariamente a quanto prospettato, non solo non apportano una riduzione della pressione venatoria, ma anzi agiscono in senso contrario, rendendo più complicati sia lo svolgimento di un corretto esercizio venatorio sia, in particolare, dell’attività di vigilanza;

        i criteri di accesso previsti dal Regolamento del Parco sono più ampi e in contrasto con la previsione dell’art. 32, comma 3, della legge 394/1991 venendo prevista di fatto la possibilità di autorizzare anche i cacciatori residenti in comuni e province via, via esterni ai confini del Parco e delle sue aree contigue fino a ricomprendere/includere i cacciatori residenti in tutti i Comuni e province dell’Emilia-Romagna (art. 10, comma 7 del Regolamento);

        nelle aree di maggior pregio ambientale, ovvero della Rete Natura 2000 e nei siti Ramsar, la gestione dovrebbe tener conto delle diverse forme di pressione antropica e operare per una sua riduzione generale per garantire livelli minimi di protezione adeguati alle biocenosi tutelate, così la pressione venatoria non andrebbe considerata, come avviene, in modo disgiunto da altre forme di pressione antropica e ambientale;

        viene evidenziata, nel parere, l’anomalia per cui nel Parco del Delta del Po, la zonizzazione del territorio vede prevalere ampiamente le superfici delle aree contigue con oltre 35.000 ettari pari a circa il 63% del totale della superficie del Parco, rispetto alle aree classificate A,  B e C che, tutte insieme, contano poco più di 16.000 ettari, pari al 28,9% della superficie totale, così che in quasi due terzi della superficie complessiva del Parco è possibile praticare l’attività venatoria, circostanza che dovrebbe richiedere una particolare attenzione da parte dell’ente gestore affinché l’attività venatoria esercitata nel Parco fosse opportunamente regolata e non limiti l’espressione delle potenzialità ecologiche del contesto territoriale oggetto di tutela;

        come si evince dalla mappa allegata al nuovo Regolamento e dallo studio ambientale tutti gli ambiti boschivi del parco, ad eccezione del Bosco della Mesola e delle pinete costiere demaniali ravennati che sono riserve dello Stato, rientrano in area contigua e sono quindi aperti alla caccia e soggetti a pressione venatoria, allo stesso modo, nel caso delle zone umide vallive con l’eccezione di Valle Santa e Val Campotto nella stazione Valli di Argenta e dei comprensori ravennati di Punte Alberete - Valle Mandriole dell’Ortazzo - Ortazzino e della Salina di Cervia tutte le zone umide del parco sono aperte alla caccia con densità e pressione venatoria assai varia ma, comunque rilevante, e che inaspettatamente risultano sempre più elevate nelle aree di proprietà pubblica dove invece dovrebbe prevalere l’interesse generale;

        i rilievi mossi al Regolamento dal parere di ISPRA erano già contenuti, seppure non con la stessa precisione e approfondimento, nelle motivazioni addotte dalla scrivente nelle premesse dell’atto di sindacato ispettivo oggetto n. 3692, dell’8 luglio 2021, cioè oltre un mese prima che la Giunta regionale approvasse il Regolamento senza alcuna sostanziale modifica o miglioramento;

        in particolare si era già fatto rilevare a luglio 2021 come “il suddetto Regolamento presenta numerosi punti, sia di merito che di carattere generale, poco chiari, contraddittori, carenti e, soprattutto, non conformi rispetto alla legislazione vigente, sia nazionale che regionale, relativa alle aree protette, in particolare, la legge 6 dicembre 1991, n. 394, “Legge quadro sulle aree protette” e le leggi regionali n. 6/2005 e n. 24/2011, nonché, risulta in contrasto con le stesse Direttive Comunitarie denominate “Habitat” e “Uccelli””;

        ed ancora come: “molti dei contenuti del Regolamento appaiono inappropriati, se non illegittimi, perché contrastano con la L.R. n. 6/2005, che, al comma 3 dell’art. 38, prevede che “le misure di disciplina dell’attività venatoria di cui al comma 2 e la densità venatoria ammissibile nell’area contigua devono garantire una pressione venatoria inferiore a quella dei relativi territori cacciabili contermini” e, al comma 2 dello stesso articolo, prevede: “Uno specifico regolamento di settore, adottato ed approvato secondo le procedure dell’art. 32 e di durata almeno biennale, stabilisce le misure di disciplina dell’attività faunistico- venatoria nell’area contigua”;

        e più in generale come: “dall’esame del suddetto Regolamento emergerebbe, con estrema evidenza, come tutta la sua impostazione non sia indirizzata tanto alla protezione, alla conservazione ed alla salvaguardia degli ecosistemi naturali, bensì, sia volta a garantire innanzitutto il diritto dell’esercizio venatorio fin quasi ad elevarlo a diritto inviolabile e prioritario anche in una area protetta che, come tale, ha ben altre finalità, si è così di fronte al ribaltamento della normale logica e delle priorità che invece dovrebbero essere osservata nella pianificazione, nella regolamentazione e nella gestione di un’area protetta di così elevata importanza, soprattutto sotto il profilo delle specie ornitiche, quale è il Parco regionale del Delta del Po”;

        altri rilievi che si sono dimostrati più che ragionevoli:

        l’articolazione ed i contenuti del suddetto Regolamento evidenziano soprattutto lo sforzo per fare aderire, quasi ossessivamente, l’attività venatoria alle esclusive esigenze dei cacciatori dei diversi sub ambiti e delle diverse pratiche venatorie, con un occhio particolarmente attento alle realtà ravennati, e ciò è dimostrato dai periodi e dagli orari giornalieri di inizio e di conclusione della pratica venatoria previsti che sono frammentati e differenziati in maniera elevatissima tra di loro, unicamente per favorire i cacciatori dei diversi territori, mentre dovrebbero essere uniformati con lo scopo, non secondario, di favorire la vigilanza e il rispetto di regole valide per tutti i cacciatori indipendentemente del territorio da cui provengono e dal territorio in cui praticano nell’area contigua la caccia;

        le giornate, i periodi e gli orari giornalieri di caccia, soprattutto durante la stagione invernale, sono previsti non già per garantire alle diverse specie ornitiche cacciabili anche le necessarie fasi di alimentazione in relativa tranquillità bensì unicamente per favorire il raggiungimento di elevati carnieri permettendo ai cacciatori di utilizzare le fasce orarie più favorevoli all’abbattimento della fauna;

        la tutela della fauna selvatica appare in definitiva come residuale per l’Ente di gestione, non solo per quanto riguarda la pressione venatoria relativamente alle aree contigue ma più complessivamente per il forte disturbo che la pratica venatoria così strutturata produce rispetto alle altre specie faunistiche protette e più complessivamente alla perturbazione dei loro habitat naturali;

        appare del tutto ingiustificata, inoltre, la fortissima differenziazione della pressione venatoria prevista tra la parte ravennate e quella ferrarese delle aree contigue, riguardo soprattutto le zone umide o vallive e in questo modo si fa venire meno l’unicità della Regolamentazione vigente nelle aree contigue del parco, uniformità che, invece, è alla base della istituzione dell’area protetta e dovrebbe essere uno dei capisaldi per dare vita, purtroppo solo a parole, ad un parco unico che ricomprenda anche la parte del delta del Po della Regione del Veneto, mentre la giustificazione addotta, per la fortissima differenziazione regolamentare prevista tra la parte ravennate e quella ferrarese, secondo i proponenti il Regolamento, sarebbe quella delle diverse abitudini venatorie che, come tali, dovrebbero essere mantenute e garantite alla stregua di un valore biologico, scambiando così la tutela della biodiversità naturale con la tutela della diversità dell’antropologia venatoria;

        l’impegno, più volte ribadito nei passati Regolamenti, volto ad uniformare tra di loro tanto la pressione che la densità venatoria tra le aree contigue delle due Province appare ancora una volta rimandato “sine die” ed è affidato alla fisiologica diminuzione dei cacciatori, quindi tra qualche decennio, senza considerare il fatto che in tutti questi anni l’Ente di gestione, ormai costituito da ben 33 anni, pur avendo avuto a sua disposizione molto tempo non ha neppure lontanamente raggiunto l’obiettivo della uniformazione della regolamentazione della caccia per tutta l’area contigua;

        i criteri di accesso dei cacciatori, oltre che scontare la violazione del principio fissato anche per i parchi regionali dall’art. 32 della legge quadro nazionale sulle aree naturali protette n. 394/1991, sono strutturati per favorire la presenza del maggior numero di cacciatori possibile introducendo, in una logica di “cerchi concentrici”, la possibilità di permettere la caccia anche ai cacciatori provenienti da Comuni e da Province che nulla hanno a che fare con il territorio del Parco e della sua area contigua, in questo modo si finisce per puntare al raggiungimento del maggior grado di pressione venatoria possibile senza tenere in alcun conto che tanto la legge 394/91 che la L.R. n.6 del 2005 a questo proposito hanno voluto, allo stesso tempo, dare una sorta di premialità ai cacciatori residenti nel Parco e nelle aree contigue anche per diminuire il numero delle presenze limitandole, in base alla Legge 394, ai soli residenti anagrafici o, in base alla L.R. n.6/2005, ai residenti venatori degli ATC che afferiscono all’area contigua;

        a seguito di quanto è stato previsto dall’art.6 della L.R. n 3 del 2020, inoltre, con questo Regolamento, si è formalmente introdotto, sempre sulla base del principio delle “abitudini venatorie”, una ulteriore differenziazione tra le Aziende Faunistico-Venatorie presenti all’interno dell’area contigua, per assegnare alla futura Azienda Faunistico Venatoria di zona umida/valliva del Comune di Comacchio una percentuale di appostamenti o apprestamenti di caccia, in zona umida, per ettaro, circa doppia rispetto a quella delle altre AAFFVV, oltre ad avere anche previsto, con la vera e propria “norma ad personam” di cui sopra, un numero di 3 giornate di caccia settimanali anziché le 2 previste per le altre AAFFVV;

        alcune zone contigue, come ad esempio la Pialassa Baiona o le Valli di Comacchio, aree importantissime ai fini della Convenzione di Ramsar, pur ricomprese nella Stazione di Parco a cui danno il nome, sono classificate pre-parco o area contigua che dir si voglia, proprio per consentire l’esercizio venatorio, ad esempio, nella “Stazione Pineta di San Vitale e Piallasse di Ravenna” si constano oltre 200 appostamenti di caccia fissi e oltre 100 attorno al suo perimetro (vedi “Piano di Stazione” 2019), a cui si aggiungono tutte le zone dove è consentita la caccia vagante, ed in particolare, nella Piallassa Baiona, classificata come zona Ramsar, vi sono 100 appostamenti, tant’è che ad una stima, effettuata secondo le giornate concesse di caccia dal calendario venatorio, i sostituti ammissibili ad usufruire dell’appostamento, il numero di appostamenti ed i capi prelevabili, risulterebbe che, in una stagione venatoria, il numero massimo – teorico –  solo per quanto riguarda la specie “germano reale” legalmente cacciabile supererebbe le 100.000 unità.

 

evidenziato che

 

        nell’analisi del Regolamento, svolta all’interno del parere di ISPRA, non solo vengono evidenziati con rigore scientifico i punti del Regolamento poco chiari, contraddittori, carenti o in violazione della legislazione vigente o delle direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali ma anche fornite delle proposte operative di modifica, per esempio, si dice che: “andrebbe invece perseguito l’obiettivo di uniformare l’orario di svolgimento dell’attività venatoria prevedendone la conclusione giornaliera al più tardi alle 13:00 sull'intero territorio venabile così da consentire, da un lato, più tempo all’avifauna per l’attività di foraggiamento ed il trasferimento dai siti protetti a quelli di alimentazione, dall’altro, di ridurre le occasioni per la pratica di sparo pomeridiano fuori orario” oppure ancora: “il nuovo Regolamento potrebbe invece rappresentare l’occasione per introdurre misure in grado di aumentare la compatibilità tra attività venatoria e conservazione della natura”;

        viene spiegato che come è più che nelle altri fasi fenologiche, in inverno la mortalità naturale è elevata essendo più alte le necessità energetiche e più limitata e aleatoria la disponibilità di risorse alimentari, per gli individui di tutte le specie, la sopravvivenza è legata al raggiungimento di un bilancio energetico positivo che richiede sia cibo sufficiente che tempi adeguati di alimentazione e riposo, ma “queste esigenze mal si conciliano con una pressione venatoria elevata pressoché continua ed ubiquitaria qual è quella esercitata nelle zone contigue del Parco”;

        il parere dimostra come la caccia sia totalmente inconciliabile con l’attività di birdwatching e, in generale, con lo sviluppo turistico del territorio legato al Parco, contrariamente a quanto auspicato dal neo Direttore del Parco del Delta del Po che, nella seduta della Consulta del Parco del Delta del Po del 19 agosto 2021, dedicata all’esame della proposta di Regolamento per la gestione venatoria delle aree contigue del Parco del Delta del Po per il periodo 2021-2026, affermava: “si dovrebbe cercare di riportare i birdwatchers nel Delta ma il problema maggiore non è la caccia” invece, il problema è proprio la caccia, infatti, nel parere si afferma: “tranne pochissime situazioni per esempio la strada che costeggia le vasche di Santa Filomena in salina a Comacchio, le distanze di fuga di anatidi (cacciabili) e cormorani (oggetto di dissuasione anche cruenta), ma anche di gabbiani, aironi e limicoli e altre specie protette, sono ovunque elevatissime tanto da rendere difficile e insoddisfacente il birdwatching e frustrante la pratica della caccia fotografica”;

        nel parere si dà conto dello scarso approfondimento scientifico: “sarebbe utile che il Regolamento e gli allegati documenti preparatori riportassero informazioni e dati quantitativi sul numero, trend e distribuzione dell’avifauna sia oggetto di caccia che protetta, oltre che sulla dimensione e composizione dei carnieri di caccia, sul rapporto tra carnieri e dimensioni delle popolazioni delle specie cacciabili, sull’attività ed i risultati della vigilanza venatoria” … “pare solo accennata la caratterizzazione ambientale e gli habitat presenti nelle aree contigue la cui superficie, peraltro è maggioritaria nella zonizzazione del parco ed i cui confini interessano molte tra le zone di maggior pregio ambientale e presenza avifaunistica” … “non viene prevista la predisposizione di corridoi di volo protetti, ma anzi è proprio nelle aree più sensibili che vengono autorizzati appostamenti fissi e il caso,, ad esempio del Canale Circondariale presso le Vallette di Ostellato, dell'area posta tra le Valli di Comacchio meridionali e il comprensorio protetto di Punte Alberete e Valle Mandriole nella zona di Rotta Martinella”… “non viene tenuto in adeguato conto che l’attività venatoria interessa ben 21 siti della rete Natura 2000 ed anche lo studio di incidenza ambientale si limita ad una mera compilazione descrittiva dei siti, peraltro incompleta e non aggiornata della quale non viene fatto alcun uso ai fini della redazione del Regolamento”;

        il parere non lascia dubbi come nelle pinete e nelle zone umide, l'attività venatoria svolta secondo le regole attuali e secondo il nuovo Regolamento risulta fortemente limitante per la presenza e la sopravvivenza dell’avifauna, i censimenti svolti in periodo di caccia rivelano presenze e densità dell’avifauna irrisorie rispetto alla capacità portante potenziale e al confronto con comprensori simili per caratteristiche ambientali ma chiusi alla caccia o sottoposti a bassa pressione venatoria;

        l'elevata densità di appostamenti e la caccia aperta quattro giorni su sette, da ottobre a febbraio rende le piallasse ravennati un luogo di fatto inospitale per l’avifauna acquatica, ancora nelle Valli di Comacchio (oggetto peraltro di recenti interventi legislativi ad hoc) tutte le zone di maggiore valore ecologico e quindi più utilizzate dall’avifauna risultano entro l'area contigua e solo la porzione di Valle Fossa di Porto che presenta minori interesse per gli uccelli è interdetta alla caccia;

 

Interpella la Giunta regionale per sapere:

 

        se non ritenga necessario rivedere la delibera di Giunta regionale 24 agosto 2021, n. 1330, recante “Approvazione del regolamento di settore per l’attività venatoria nelle aree contigue del Parco regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna” con cui si approva il regolamento di settore per l’attività venatoria nelle aree contigue del Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna alla luce e sulla base del parere contenuto nella nota di ISPRA, prot. n. 47252, del 9 settembre 2021, indirizzata alla scrivente consigliera, avente ad oggetto “Interpellanza sul Regolamento per la gestione venatoria delle aree contigue del Parco del Delta del Po per il periodo 2021 – 2027 n. 3692 dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna” con cui il Responsabile Servizio “Coordinamento Fauna Selvatica” di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) trasmette il parere, del Responsabile dell’Area Pareri Tecnici e Strategie di Conservazione e Gestione del Patrimonio Faunistico Nazionale e Mitigazione Danni e Impatti sempre di ISPRA, su detta interpellanza e quindi sul Regolamento per la gestione venatoria delle aree contigue del Parco del Delta del Po per il periodo 2021-2026 che ne costituiva l’oggetto principale e che così si conclude: “In definitiva, sulla base dei contenuti del Regolamento, degli allegati e delle informazioni disponibili, si può ritenere che la nuova regolamentazione inerente la gestione venatoria delle aree contigue del Parco regionale del Delta del Po nel periodo 2021-2026 non contenga elementi di discontinuità rispetto alla passata gestione e che le misure previste non possono determinare un significativo decremento della pressione venatoria diretta ed indiretta. Questo comporta il perdurare di effetti negativi per la conservazione degli habitat delle specie ornitiche di interesse venabile e protette che non consentiranno di apprezzare le potenzialità del territorio oggetto di gestione. Si nota altresì la mancanza di contenuti tecnico scientifici a sostegno delle misure previste e si rileva la sensazione - peraltro dichiarata dai redattori - che obiettivo del regolamento sia il mantenimento dello status quo minimizzando le ricadute sociale ed i potenziali conflitti locali. Ciò, purtroppo, va a discapito dell’attuazione di interventi efficaci finalizzati al miglioramento della conservazione e della tutela delle popolazioni di uccelli selvatici in una porzione molto rilevante del Parco.

         

 

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