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Legislatura XI- Atto di indirizzo politico ogg. n. 6489

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Oggetto:
Testo presentato:
Risoluzione per impegnare la Giunta a esprimere parere negativo in tutte le sedi istituzionali nei confronti della proposta di direttiva "Casa Green" e all'accordo sul taglio delle emissioni di CO2 per auto e veicoli commerciali leggeri che determina lo stop alla vendita dei veicoli a motore termico, alimentati a benzina o a diesel. (23 02 23) A firma dei Consiglieri: Occhi, Pompignoli, Rainieri, Stragliati, Facci, Pelloni, Bergamini, Montevecchi, Bargi, Rancan, Catellani, Marchetti Daniele, Delmonte, Liverani

Testo:

RISOLUZIONE

 

Dei sottoscritti Consiglieri del Gruppo Lega Salvini Emilia – Romagna

 

Premesso che, nel corso del mese di febbraio sono stati diversi gli atti dell’UE volti a modificare in modo significativo il nostro sistema produttivo e lo stile di vita di buona parte della popolazione europea, con direttive e novità che impatteranno in modo serio anche sull’economia del paese:

 

1. Il 9 febbraio la commissione ITRE del Parlamento Europeo ha approvato la proposta di una nuova direttiva sulla prestazione energetica degli edifici.  L'obiettivo è raggiungere emissioni zero da tutti gli edifici di nuova costruzione entro il 2028 e dagli edifici esistenti entro il 2050. Nel caso degli immobili residenziali esistenti gli obiettivi intermedi fissano il raggiungimento della classe energetica E entro il 2030 e la classe D entro il 2033. Nonostante l'applicazione della norma produrrebbe una riqualificazione di cui il patrimonio immobiliare italiano abbisogna, il risparmio economico e ambientale non giustifica la spesa necessaria.  ANCE stima che per adeguare entro 2050 i circa cinque milioni di edifici privati che necessitano di riqualificazione energetica occorrano circa 1.600 miliardi di euro, che equivale a un investimento di oltre 300 mila euro per edificio. Nel contempo, il contributo degli edifici italiani messi a norma nell'abbattimento delle emissioni mondiali sarebbe solo dello 0,1%. L'approvazione della direttiva è attesa entro l'estate. La specificità del patrimonio immobiliare italiano, le dimensioni dell'investimento e l'elevato debito pubblico giustificano una dilazione della scadenza al 2050, degli obiettivi intermedi e interventi per mettere gli edifici in sicurezza dal rischio sismico. La Lega, ad esempio, ha proposto come emendamenti al Parlamento Europeo lo spostamento di 5 anni in avanti delle scadenze intermedie. L'approvazione della direttiva a seguito della procedura di negoziazione interistituzionale e delle successive votazioni nelle rispettive assemblee dei co-legislatori europei è attesa entro l'estate.

 

2. Del 13 febbraio è la proposta di definizione di idrogeno rinnovabile da parte della commissione UE. La produzione di idrogeno avviene attraverso la scissione della molecola d'acqua in atomi di idrogeno e ossigeno. Tale processo di elettrolisi necessita di grandi quantità di energia. L'idrogeno può considerarsi “verde” solo quando l'elettricità utilizzata per produrlo è generata da fonti rinnovabili. Dietro pressioni della Francia, il maggiore produttore europeo di energia nucleare, la commissione ha proposto di concedere l'etichetta di rinnovabile anche all'idrogeno “Viola” prodotto utilizzando elettricità da fonte atomica. Il Consiglio e il Parlamento Europeo hanno quattro mesi per approvare o rigettare la proposta che se approvata approfondirebbe lo svantaggio competitivo dell'Italia ancora refrattaria alla reintroduzione dell'energia atomica nel mix energetico nazionale nella produzione di idrogeno.

 

3. Il 14 febbraio il Parlamento europeo ha definitivamente approvato a maggioranza – 340 voti favorevoli, 279 contrari e 21 astensioni – l'accordo sul taglio delle emissioni di CO2 per auto e veicoli commerciali leggeri, accordo raggiunto lo scorso nel quadro delle misure previste dal piano Fitfor55. Al 2035, questa la decisione dell'Europa, dunque il taglio delle emissioni sul 2021 sarà pari al 100%, il che equivale allo stop alla vendita dei veicoli a motore termico, alimentati a benzina o a diesel. Il margine ridotto con cui la misura è passata rispecchia le divisioni tra le forze politiche. Le prove dell’intransigenza europea sono: l’annunciata la perdita di 501.000 posti di lavoro nell'Industria automobilistica europea di cui 70.000 in Italia. Il rischio di dipendenza geo-economica da fornitori di metalli critici necessari alla transizione, tra cui la Cina, dalle cui importazioni dipendiamo in una misura tra il 75% il 100%; l’indisponibilità a considerare approcci a tecnologia mista con l'utilizzo di biocombustibili che consentirebbero di tagliare le emissioni di CO2 del 90% invece che del 100%. Dopo il voto finale in plenaria, il testo dovrà ora essere formalmente approvato anche dal Consiglio europeo prima di essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'UE.

 

4. Contestualmente la Commissione europea ha inoltre avviato l'iter di revisione del regolamento per le emissioni di CO2 anche per gli autobus e per i camion. La proposta prevede zero emissioni dal 2030 per i bus che circolano in città e un taglio del 90% delle emissioni per le flotte degli altri mezzi pesanti, a partire dal 2040. La proposta sarà presentata nelle prossime ore secondo la quale i veicoli commerciali pesanti immatricolati dovranno ridurre le emissioni di CO2 in modo progressivo, del 45% nel 2030, del 65% al 2030 e del 90% al 2040. Gli obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni per il 2030 sono fissati dal nuovo regolamento al 55% per le auto e al 50% per i furgoni. La Commissione europea presenterà entro il 2025 una metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di CO2 durante l'intero ciclo di vita delle autovetture e dei furgoni venduti sul mercato europeo. Entro dicembre 2026, la Commissione monitorerà il divario tra i valori limite di emissione e i dati reali sul consumo di carburante ed energia, riferirà su una metodologia per adeguare le emissioni specifiche di CO2 dei costruttori e proporrà adeguate misure di follow-up. I costruttori responsabili di piccoli volumi di produzione nell'arco di un intero anno solare – dalle mille alle 10mila auto nuove o da 1.000 a 22.000 furgoni nuovi – potranno beneficiare di una deroga fino alla fine del 2035 mentre chi è sotto la soglia resterà esente dai vincoli.

 

Considerato che, in un recente editoriale l’ex Presidente del consiglio e della Commissione Europea, Romano Prodi, in merito allo stop del motore endotermico scrive: “desta una certa sorpresa constatare che, proprio per rendere concreti nobili obiettivi allora proposti, il Parlamento Europeo, nei confronti del futuro dell'automobile, si sia schierato in favore dell'unica scelta produttiva nella quale Cina e Stati Uniti si trovano fortemente in vantaggio rispetto all'Europa.  La decisione di abbandonare la produzione di ogni tipo di automobile spinta da un motore diesel o a benzina, per passare ad un sistema a trazione puramente elettrica in tempi così ristretti entro il 2035, ci obbliga infatti a mettere in secondo piano i progressi in corso nel campo dei biocarburanti, dell'idrogeno e delle altre tecnologie che vedono l'Europa combattere ad armi pari. Eppure, vi sono sostanziali dubbi che la scelta compiuta sia la strada più conveniente per affrontare il problema del degrado del pianeta, dato la quantità e la qualità di materie prime necessarie a produrre le batterie che costituiscono il motore dell'auto elettrica e dato l'elevato costo della rottamazione delle batterie stesse. Il tutto senza tenere conto dell'energia necessaria per muovere il loro peso, assai maggiore di quello di un tradizionale motore a combustione interna. Bisogna inoltre sommare a tutto questo il costo delle infrastrutture necessarie per la ricarica delle batterie, l'inquinamento provocato dalla produzione dell'energia elettrica (solo in parte generata da fonti rinnovabili) e, anche se in via di progressiva soluzione, la limitata autonomia delle auto elettriche e i loro lunghi tempi di ricarica. Non ci si deve quindi sorprendere che, a differenza di altri studi che giungono a conclusioni opposte, una recente ricerca dell'università di Monaco sostiene che, tenendo conto di tutti questi aspetti, un'auto elettrica finisce con il produrre, insieme a una cospicua caduta dei posti di lavoro, una quantità di CO2 superiore a quella di un motore a combustione interna di ultima generazione. Tanto più che dati gli elevati costi delle auto elettriche, diverrà conveniente utilizzare per un tempo il più lungo possibile anche le auto più inquinanti oggi sul mercato. Nonostante i progressi tecnologici di Cina e Stati Uniti nella produzione delle batterie, i costi delle auto elettriche rimangono infatti ancora molto superiori a quelli delle tecnologie fino ad ora dominanti. Per un lungo numero di anni dovremo quindi incentivare gli acquirenti delle auto elettriche con pesanti sussidi, dedicati ad acquistare prodotti che, nella quasi totalità sono fabbricati in Cina o nei giganteschi impianti di batterie in costruzione negli Stati Uniti sotto la spinta degli incentivi forniti dal governo. Mancando infine una politica industriale a livello europeo, le grandi imprese dell'Unione si stanno attrezzando per fare fronte a questa sfida con nuovi grandi progetti naturalmente sussidiati dagli stati nazionali, sia sotto la forma di un cospicuo incentivo agli investimenti, sia tramite un contributo agli acquirenti che, secondo l'affermazione del commissario europeo all'industria, si colloca nell'ordine di 6.000 € per ogni auto acquistata. In Italia il problema assume un aspetto del tutto particolare in quanto, pur essendo ormai marginali della produzione di vetture finite, siamo un paese di straordinaria importanza nella produzione dei componenti, la gran parte dei quali non esiste nelle vetture elettriche, che sono molto più semplici e si muovono spinte unicamente dalle costosissime batterie. Le auto elettriche non hanno infatti bisogno di filtri, valvole, testate e iniettori monoblocchi, pompe, serbatoi e di tutto ciò che compone un'auto spinta da motore diesel o a benzina. Di conseguenza nel nostro paese si produrrà una riduzione di oltre 50.000 posti di lavoro e un notevole danno alla nostra bilancia commerciale, dato che siamo grandi esportatori verso le imprese automobilistiche europee. Altre risorse saranno quindi necessarie per porre rimedio a questa ulteriore conseguenza, comune a tutta Europa ma che, in Italia, assume un peso del tutto particolare. Di fronte a tutte queste considerazioni mi chiedo se scelte così drastiche e tempi così ristretti siano la decisione migliore per proteggere il futuro del nostro pianeta. Forse gli stessi legislatori europei hanno nutrito qualche dubbio in materia quando hanno proposto un possibile riesame nel 2025. Come si suol dire in questi casi si tratta però di una pezza peggiore del buco perché nel frattempo tutte le grandi decisioni saranno già state messe in atto con le loro conseguenze, compresa quella di bloccare ogni ricerca per migliorare il funzionamento del motore endotermico.”

 

Considerato inoltre che, Claudio Spinaci, presidente UNEM (Unione Energie per la Mobilità) ha recentemente dichiarato che: “Decarbonizzare non significa necessariamente elettrificare tutti i trasporti. In questo modo non ci avviciniamo all'obiettivo ma ce ne allontaniamo, Tra l'altro con impatti economici e sociali devastanti. Non si capisce il motivo di questa escalation dirigistica che punta a vietare ogni modalità di trasporto che non sia elettrica.  Si è cominciato con le auto, ora tocca ai camion e poi sarà la volta di aerei e navi.  Ci stupisce il fatto che solo ora qualcuno cominci a rendersene conto; speriamo che non sia troppo tardi e che il governo italiano possa opporsi in qualche modo. Quello che abbiamo sempre contestato è l'approccio dirigistico e unilaterale che ha scelto l’UE. Eppure, ci sarebbero strade più sicure ed efficaci per arrivare allo stesso risultato, come i carburanti a basso o nullo contenuto di carbonio (LCF). Se l'obiettivo è decarbonizzare i trasporti perché rinunciare a priori a tecnologie in grado di dare un contributo concreto? Tra l'altro, si continua a fare confusione tra emissioni inquinanti (PM e NOx) che sono un problema locale e come tali vanno trattate; ed emissioni climalteranti che invece richiedono interventi a livello globale come deciso con gli accordi di Parigi. Ci sono studi che dimostrano come l'obiettivo si possa raggiungere in modo più sostenibile economicamente e socialmente, con una più realistica penetrazione del vettore elettrico e una valorizzazione dei Low Carbon Fuels di cui fanno parte i biocarburanti, oggi esclusi dai piani europei. Carburanti neutri in quanto non aggiungono emissioni in atmosfera perché in fase di impiego emettono quanto assorbito in fase di produzione che è poi l'obiettivo degli accordi di Parigi che puntano ad emissioni zero nette. Misurare le emissioni di agenti climalteranti solo allo scarico significa ignorare quelle derivanti dall'intero ciclo di vita del veicolo e dei fuels, che finiscono comunque in atmosfera e non risolve il problema. I vantaggi che avremmo sarebbero significativi e immediati perché sono prodotti impiegabili del parco auto in circolazione: prodotti in grado di abbattere fino al 100% le emissioni di CO2 dei trasporti se calcolate sull'intero ciclo di vita. Anzi in alcuni casi il saldo diventa addirittura negativo.  Oggi in Europa circolano circa 300 milioni di auto di cui il 98,6% sono dotate di un motore a combustione interna e solo l'1,4% sono elettriche pure concentrate perlopiù in alcuni paesi ad alto reddito del nord e centro Europa e pensare di ribaltare questo rapporto nel giro di poco più di dieci anni è irrealistico.”

 

Valutato che, la Benchmark Mineral Intelligence ha redatto la seguente tabella sulle future necessità di alcuni minerali critici per la transizione ecologica

 Litio Cobalto Nickel

 Grafite naturale

 Grafite sintetica

 

Utilizzo 2022 (t) 678.000 177.000 3.160.000 1.110.000 2.100.000

Previsione 2035 (t) 4.000.000 489.000 6.200.000 7.210.000 5.200.000

Dimensione media siti estrattivi (t) 45.000 5.000 42.000 56.000 57.000

 

Ricordato che, come espresso già alcune settimane fa dallo scrivente, le preoccupazioni in merito alla possibile direttiva sulla casa green che provocherebbe un serio problema per le famiglie emiliano romagnole in quanto una direttiva che prevede delle classi energetiche di tipo D ed E obbligherebbe a spese molto elevate per la ristrutturazione di immobili già esistenti, il tutto con pesanti ripercussioni anche sul mercato dell’edilizia con la svalutazione degli immobili;

 

Constatato che, la nostra Regione, per quanto concerne il settore dell’automotive gioca un ruolo molto rilevante in quanto è presente una vera e propria filiera, con una quantità di aziende che lavorano e producono per quel settore, con numero occupazionali elevati che convergono anche sull’intero PIL prodotto dall’Emilia-Romagna; oltre che a benzina e diesel verrà esclusa la vendita di mezzi a GPL e Metano che rappresentano circa il 9% del parco circolante e per i quali in Emilia Romagna vi sono una storica filiera e Know out consolidati.

 

Impegnano la Giunta Regionale

 

A esprimere parere negativo in tutte le sedi istituzionali nei confronti della proposta di direttiva “Casa Green” e all’accordo sul taglio delle emissioni di CO2 per auto e veicoli commerciali leggeri che determina lo stop alla vendita dei veicoli a motore termico, alimentati a benzina o a diesel.

 

A supportare e sostenere, in ogni sede istituzionale ed europea le eventuali azioni future che il governo devesse mettere in campo contro questi atti normativi europei che impatterebbero pesantemente sull’economia e sulle famiglie italiane;

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