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Legislatura XI - Progetto di legge (testo presentato)

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Oggetto n. 7229
Presentato in data: 31/07/2023
Progetto di legge d'iniziativa popolare "Procedure e tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/19 della Corte Costituzionale". (Deliberazioni della Consulta di garanzia statutaria di ammissibilità n. 12 del 22 febbraio 2023, pubblicata nel BURERT n. 59 del 03/03/2023, e di validità n. 14 del 26 luglio 2023, pubblicata nel BURERT n. 219 del 1° agosto 2023)

Presentatori:

Iniziativa popolare

Testo:

 

Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/19 della Corte costituzionale

 


RELAZIONE

 

Questa proposta di legge regionale, elaborata e promossa dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, si pone l’obiettivo di definire il rispetto e la diretta applicazione, relativamente a ruoli, procedure e tempi del Servizio Sanitario Nazionale/regionale di verifica delle condizioni e delle modalità di accesso alla morte medicalmente assistita, affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato, così come delineato dalla sentenza della Corte costituzionale “Antoniani/Cappato”, numero 242/2019, che ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) –...(...), agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente”.

 

I Giudici della Corte costituzionale hanno individuato una circoscritta area in cui l’incriminazione per aiuto al suicidio ex art. 580 c.p. non è conforme a Costituzione. Si tratta dei casi nei quali l’aiuto è fornito ad una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (quali, ad esempio, l’idratazione e l’alimentazione artificiale) e sia affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. In base alla legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (legge 22 dicembre 2017, n. 219 sulle DAT), il paziente in tali condizioni può già decidere di lasciarsi morire chiedendo l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale e la sottoposizione a sedazione profonda continua, che lo pone in stato di incoscienza fino al momento della morte. Decisione che il medico è tenuto a rispettare. La legge, invece, non consente al medico di mettere a disposizione del paziente trattamenti atti a determinarne la morte. Il paziente è così costretto, per congedarsi dalla vita, a subire un processo più lento e più carico di sofferenze per le persone che gli sono care. Ciò finisce per limitare irragionevolmente la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta dei trattamenti, compresi quelli finalizzati a liberarlo dalle sofferenze, in contrasto con gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione.

 

Alla luce di quanto descritto, la Corte ha ritenuto di dover porre rimedio alla discriminazione riscontrata. Nella specie, un preciso «punto di riferimento», utilizzabile a questo fine, è stato individuato nella disciplina della legge sulle DAT relativa alla rinuncia ai trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza del paziente e alla garanzia dell’erogazione di una appropriata terapia del dolore e di cure palliative (articoli 1 e 2 della legge n. 219 del 2017). Queste disposizioni prevedono una “procedura medicalizzata” che soddisfa buona parte delle esigenze riscontrate dalla Corte. Inoltre, i giudici costituzionali hanno ritenuto che la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio e delle relative modalità di esecuzione debba restare affidata, in attesa dell’intervento legislativo, a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale. Ciò in linea con quanto già stabilito in precedenti pronunce, relative a situazioni analoghe. La sentenza, dunque, individua determinate condizioni di accesso alla morte medicalmente assistita nonché un percorso di verifica, attraverso il Servizio Sanitario nazionale di queste condizioni e delle modalità per assumere un farmaco efficace ad assicurare la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile.

 

Nell’ambito delle competenze delle Regioni, dunque, questa proposta di legge mira a definire i ruoli, i tempi e le procedure delineate dalla Corte costituzionale attraverso una sentenza immediatamente esecutiva, ferma restando l’esigenza di una legge nazionale che abbatta le discriminazioni tra malati oggi in atto.

 

In relazione alle competenze regionali in materia, occorre richiamare innanzitutto la Costituzione che, nel Titolo V della Parte seconda, reca distinte disposizioni concernenti la sanità pubblica:

 

-  l’art. 117, co. 2, lett. m), riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”;

 

-  l’art. 117, comma 3, invece, attribuisce alla competenza concorrente la materia “tutela della salute” (si ricorda che già nella precedente formulazione la materia “assistenza sanitaria ed ospedaliera” era di competenza legislativa concorrente) e “ricerca scientifica” (quest’ultima naturalmente collegata alle finalità di tutela della salute: cfr. Corte cost., 20 marzo 1978, n. 20).

 

Se dunque è di competenza statale la determinazione delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, e dunque l’individuazione dei diritti come quello ad accedere alla verifica delle condizioni per il suicidio assistito sancito dalla Corte costituzionale a livello nazionale, le Regioni hanno la competenza concorrente a tutelare la salute dei cittadini e dunque, sulla base dei livelli minimi individuati sul piano nazionale, possono intervenire, anche in una logica di “cedevolezza invertita”, a disciplinare procedure e tempi di applicazione dei diritti già individuati.

 

Invero, proprio i tempi e le procedure rappresentano elementi fondamentali affinché il diritto sancito a livello nazionale sia efficacemente fruibile, accedendo, tale diritto, a condizioni di malattia, sofferenza ed estrema urgenza. La stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riconosce, all’art. 41, il diritto per ogni persona a che le questioni che la riguardano siano trattate entro un termine ragionevole dalle istituzioni.

 

Le storie di alcune persone malate che, all’indomani della sentenza della Corte costituzionale, si sono rivolte all’Associazione Coscioni per poter affermare la loro libertà di autodeterminazione nella scelta delle terapie, incluse quelle finalizzate a liberarle dalle sofferenze, libertà scaturenti dagli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione, sono state fondamentali per individuare le maggiori criticità e i passaggi sui quali una legge nazionale ha il dovere di intervenire, ma sono altrettanto fondamentali per definire i tempi e le procedure già individuate dalla sentenza costituzionale, che consentono di abbattere gli ostacoli procedurali e chiarire i ruoli per l’accesso al suicidio medicalmente assistito.

 

Innanzitutto,         conosciuto fino al 16 giugno scorso come “Mario”.           era un malato tetraplegico marchigiano, che ha dovuto attendere quasi due anni da quando ha inviato la sua richiesta all’azienda sanitaria per la verifica delle condizioni ai sensi della sentenza n. 242/2019, e solo a seguito dell’attivazione delle giurisdizioni, sia penali che civili è riuscito ad accedere, per la prima volta in Italia, alla morte medicalmente assistita tramite l’autosomministrazione del farmaco letale (suicidio medicalmente assistito).              ha dovuto farsi carico della fase successiva alla verifica delle condizioni, ovvero della ricerca del medico che prescrivesse il farmaco con relativa preparazione per autosomministrazione e dell’acquisto del farmaco e del macchinario, acquisto per cui l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato una raccolta fondi pubblica. Il protrarsi delle attese aveva gravemente compromesso le condizioni di salute di Federico, le cui sofferenze intollerabili erano state già verificate, quasi un anno prima, dalle strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale.

 

“Antonio” nome di fantasia per la tutela della privacy, è una persona malata tetraplegica, anche lui marchigiano, che ha atteso per quasi due anni i tempi non definiti del Servizio Sanitario Regionale.

 

In ultimo, come sequenza di richieste all’ASUR Marche,               , 46enne di Fermignano, immobilizzato da 18 anni a letto a causa di una tetraparesi, testimonia quanto sia cruciale l'individuazione di una cornice temporale entro la quale il Servizio Sanitario debba intervenire in risposta alle richieste delle persone malate: nel caso di Fabio, infatti, il protrarsi delle attese senza alcuna prospettiva temporale ha determinato il malato a scegliere una strada diversa, ovvero l’interruzione delle terapie con sedazione profonda, rispetto a quello che avrebbe voluto (perché con tempi diversi che portano al fine vita), ovvero il suicidio medicalmente assistito.

 

Proprio al fine di arginare tali ostruzionismi, ritardi e difficoltà che si aggiungono alle sofferenze di chi chiede di accedere alla morte medicalmente assistita, si rende necessario chiarire gli aspetti procedurali dettati dalla Corte costituzionale, sia per le persone malate che per le strutture sanitarie che devono fornire risposte e assistenza.

 

È utile inoltre soffermarsi sulla scelta di aver considerato il percorso di accesso al suicidio assistito, alla stregua di altre prestazioni sanitarie aventi ad oggetto delicati interessi, quali la vita, la riproduzione e in generale le scelte terapeutiche, e dunque non inquadrabili nelle fitte maglie di un procedimento amministrativo che detta tempi e procedure non rispettose delle sofferenze e dei tempi urgenti delle persone malate spesso terminali, che necessitano di risposte più veloci e meno burocratizzate rispetto a quelle previste e dettate dalla legge 241/1990.

 

Tale legge, infatti, disciplina il procedimento che normalmente si riferisce invece all’espletamento di funzioni amministrative proprie che scaturiscono in provvedimenti amministrativi autoritativi.

 

In questo caso siamo in presenza di prestazioni che vengono rese alla persona nell'esercizio delle professioni e delle arti sanitarie, prestazioni soggette a un sistema di vigilanza fortemente regolamentato, ma che non rappresentano esercizio di poteri amministrativi in senso proprio.

 

È dunque da escludersi che le procedure qui delineate, che hanno l’obiettivo politico chiaro di evitare quanto accaduto in passato, ovvero di impantanare richieste di accesso alla verifica delle condizioni del malato bensì di definire ruoli e responsabilità, nel rispetto dei tempi stretti delle persone malate delle loro sofferenze, possano ricondursi ad un procedimento amministrativo ex lege 241/1990.

 

La presente proposta di legge è redatta anche alla luce della comunicazione inviata, lo scorso dicembre, dal Capo di Gabinetto del Ministero della Salute alla Conferenza Stato Regioni in cui si ribadiva che il servizio sanitario dia “concreta attuazione a quanto statuito dalla Corte costituzionale”. La nota continua affermando la necessità che “le strutture regionali si adoperino affinché ai soggetti che versano in situazioni caratterizzate da patologie irreversibili e sofferenze intollerabili sia data la possibilità di accedere, nel pieno rispetto di quanto sancito dalla Corte costituzionale, a procedure di suicidio medicalmente assistito”. Il Governo aveva dato 60 giorni di tempo alle Regioni (scaduti il 10 gennaio 2022) affinché queste individuassero uno o più Comitati etici con figure adeguate ai quali le strutture sanitarie possono rivolgersi per i percorsi di suicidio medicalmente assistito.

 

Il Ministro della Salute Roberto Speranza in data 20 giugno 2022 ha altresì inviato una lettera a tutti i Presidenti di Regione in cui precisa che “le strutture del SS sono chiamate a dare attuazione in tutti i suoi punti alla sentenza della Corte costituzionale”. La lettera chiarisce che “è da garantire che siano a carico del SSN le spese mediche necessarie per consentire al termine della procedura di verifica affidata alle strutture del SSN, il ricorso al suicidio medicalmente assistito ai pazienti che ne facciano richiesta”. Secondo il Ministero della Salute, dunque, “è evidente che i costi del suicidio medicalmente assistito non possano ricadere sul paziente che seguendo l’iter indicato dalla Corte costituzionale, si sia rivolto al SS”. È noto che anche in assenza di una prestazione sanitaria inclusa nei LEA, le Regioni possono determinare l'inserimento nei LEA regionali della prestazione lecita. Attualmente, ad esempio, le prestazioni di indagine clinica diagnostica sull’embrione non sono incluse nei LEA del 2017 ma alcune Regioni, anche a seguito di condanne da parte dei Tribunali, rimborsano la prestazione diagnostica.

 

In virtù della piena competenza regionale a legiferare, resta conclusivamente da osservare che l'introduzione della presente disciplina serve a definire i tempi relativamente ad ogni fase, inclusa quella di competenza del Comitato etico e le modalità inerenti la procedura indicata dalla Corte costituzionale e, dunque, ad eliminare eventuali residui di incertezza e problematicità rispetto all’erogazione di una prestazione sanitaria suddivisa in più fasi, dalla verifica delle condizioni alla verifica delle modalità di autosomministrazione e del farmaco che possa garantire una morte rapida, indolore e dignitosa così oggi prevista dal nostro ordinamento giuridico (ord. Tribunale di Ancona e Ord. Tribunale di Fermo). E su questo vale chiarire la considerazione che in fondo lo scopo della legge è assicurare alle persone in condizioni corrispondenti al giudicato costituzionale, a seguito del parere dei comitati etici sulle condizioni e modalità, ad avere piena assistenza e presa in carico del Servizio Sanitario Regionale nella procedura anche di auto somministrazione del farmaco così come anche di recente indicato dal Ministro della Salute R. Speranza, nelle more dell’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza - DPCM 12 gennaio 2017 -, in un quadro di assistenza nelle scelte sul fine vita come già è avvenuto con la legge numero 219 del 2017 entrata in vigore il 31 gennaio 2018, che rivitalizza anche la legge 38 del 2010 sui trattamenti palliativi, con prestazioni inserite nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza. A detta norma la Consulta àncora la sentenza n. 242/19, evidenziando che in caso di rifiuto delle cure e percorso con sedazione palliativa profonda continua e nel rispetto del quadro normativo assistenziale e del giudicato costituzionale, non deve esserci discriminazione nell’accesso alle prestazioni tra persone malate nell’esercizio della piena autodeterminazione nelle scelte di fine vita.

 

A questo fine la legge si compone di cinque articoli.

 

L’articolo 1 (“Condizioni d’accesso all’assistenza sanitaria”) chiarisce che la Regione garantisce l’accesso alle procedure di suicidio medicalmente assistito alle condizioni stabilite dalla rilevante normativa nazionale. Il comma 2, nella logica della cosiddetta “cedevolezza invertita”, prevede che sino all’entrata in vigore di una disciplina nazionale in questa materia la Regione è comunque tenuta a garantire l’accesso ai trattamenti alle persone in possesso dei requisiti previsti dalla sentenza n. 242 del 2019 sopra richiamata.

 

L’articolo 2 (“Assistenza sanitaria in ogni fase del percorso di suicidio medicalmente assistito su richiesta della persona malata”) prevede l’istituzione di una commissione medica multidisciplinare presso le aziende sanitarie pubbliche deputata a effettuare le verifiche mediche relative alla sussistenza delle condizioni di accesso e alle migliori modalità di esecuzione del suicidio assistito indicate dalla Corte costituzionale. Le strutture sanitarie devono inoltre garantire il supporto, l’assistenza e i mezzi necessari al completamento della procedura.

 

L’articolo 3 (“Tempi per l’erogazione delle verifiche sulle condizioni e modalità per l’assistenza al suicidio medicalmente assistito”) disciplina la procedura e i tempi che le strutture del Servizio Sanitario Regionale, tra cui i comitati etici territorialmente competenti, devono rispettare nelle procedure connesse all’erogazione dei trattamenti di suicidio assistito, ribadendo il principio della cedevolezza invertita (comma 7). La procedura è avviata su richiesta del paziente e può essere da quest’ultimo sospesa e interrotta in ogni momento.

 

L’articolo 4 (“Gratuità della prestazione”), in linea con le indicazioni ministeriali sopra ricordate, prevede la gratuità delle prestazioni sanitarie connesse ai suicidi medicalmente assistiti e al secondo comma prevede che il diritto all’erogazione delle prestazioni disciplinate dalla legge è individuale e inviolabile e non può essere limitato, condizionato o assoggettato ad altre forme di controllo al di fuori di quanto previsto dalla legge.

 

L’articolo 5 (“Clausola di invarianza”), infine, dà conto della non necessità di una speciale copertura per la legge proposta giacché essa riguarda prestazioni sanitarie che la Regione è già tenuta a garantire e per i costi delle quali si deve quindi provvedere secondo le ordinarie modalità di finanziamento dei servizi.

 


Art. 1

Condizioni d'accesso all’assistenza sanitaria

 

1. L’assistenza sanitaria, consistente in prestazioni e trattamenti clinicamente adeguati, è assicurata a persone malate che ne facciano richiesta e siano in possesso dei requisiti previsti dalla rilevante disciplina statale.

 

2. Fino all’entrata in vigore della disciplina statale di cui al comma 1, la Regione Emilia-Romagna garantisce comunque l’assistenza sanitaria alle persone malate che ne facciano richiesta e siano in possesso dei requisiti stabiliti dalla sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale e, quindi, dei seguenti e contestuali requisiti: a) il proposito di suicidio deve essersi autonomamente e liberamente formato, b) la persona deve essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, c) deve essere affetta da una patologia irreversibile, d) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma e) pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

 

Art. 2

Assistenza sanitaria in ogni fase del percorso di suicidio medicalmente assistito

su richiesta della persona malata.

 

1. Le strutture sanitarie pubbliche della Regione Emilia-Romagna assicurano alle persone malate che ne facciano richiesta, la verifica delle proprie condizioni e le modalità di erogazione della prestazione di autosomministrazione del farmaco letale per l’accesso al suicidio medicalmente assistito come previsto dalla sentenza costituzionale n. 242 del 2019.

 

2. Entro quindici giorni dall’entrata in vigore della presente legge, le aziende sanitarie istituiscono una Commissione medica multidisciplinare permanente dedicata ad effettuare le verifiche previste dall’art. 1 della presente legge, anche ai sensi dalla sentenza n. 242/2019.

 

3. La Commissione medica multidisciplinare permanente viene integrata o modificata in considerazione delle particolari condizioni del malato.

 

4. Le modalità di “esecuzione” devono essere verificate dalla Commissione medica multidisciplinare permanente affinché il malato, che ne faccia richiesta, possa procedere con metodica e farmaco che siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile rispetto all’alternativa del rifiuto delle cure con sedazione profonda continuativa, e ad ogni altra soluzione in concreto praticabile, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

 

5. L’azienda sanitaria regionale, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017 n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), fornirà ogni supporto e assistenza, inclusi farmaco, macchinario e assistenza medica per la preparazione all’autosomministrazione, alla persona malata che ne faccia richiesta, previo completamento della fase delle relazioni mediche, affinché possa procedere con l’autosomministrazione del farmaco autorizzato in struttura ospedaliera, Hospice o presso il proprio domicilio se richiesto.

 

Art. 3

Tempi per l’erogazione delle verifiche sulle condizioni e modalità di cui alla sentenza n. 242/19 della Corte costituzionale per l’assistenza al suicidio medicalmente assistito

 

1. Il procedimento di verifica delle condizioni di accesso e delle modalità di erogazione del suicidio medicalmente assistito è attivato su richiesta della persona malata all’Azienda sanitaria territorialmente competente, la quale esaurisce il procedimento di verifica entro il termine complessivo di venti giorni dal ricevimento della richiesta stessa.

 

2. Nello specifico, la Commissione medica multidisciplinare permanente, di cui all’art. 2, deve effettuare le verifiche previste dall’art. 2 della presente legge entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta della persona malata.

 

3. L’Azienda sanitaria territorialmente competente invia la relazione medica, relativa all’esito delle verifiche effettuate, al Comitato etico territorialmente competente entro e non oltre cinque giorni dal completamento delle verifiche.

 

4. Il Comitato etico, ricevuta la relazione medica, emette un parere nei successivi cinque giorni e lo invia alla Commissione medica multidisciplinare permanente affinché trasmetta senza ritardo la relazione finale, completa del parere, alla persona malata che ne abbia fatto richiesta.

 

5. Qualora la verifica delle condizioni dia esito positivo, l’accesso alle prestazioni e ai trattamenti di autosomministrazione, di cui all'articolo 2 della presente legge, devono essere erogate nel termine massimo dei successivi sette giorni dalla richiesta effettuata dalla persona malata.

 

6. L’erogazione del trattamento di autosomministrazione può essere rinviata a seconda della volontà e della richiesta del paziente che in ogni momento può decidere di posticipare, sospendere o annullare la prestazione.

 

7. In ogni caso, le strutture sanitarie pubbliche della Regione conformano i procedimenti disciplinati dalla presente legge ai principi fondamentali dettati dalla rilevante disciplina statale, anche sopravvenuta.

 

Art. 4

Gratuità della prestazione

 

1. Le prestazioni quali la verifica e l’assistenza ai trattamenti previsti dalla presente legge sono assicurate gratuitamente, nell'ambito del percorso terapeutico-assistenziale erogato in favore di coloro che ne abbiano fatto richiesta.

 

2. Il diritto all’erogazione delle prestazioni disciplinate dalla presente legge è individuale e inviolabile e non può essere limitato, condizionato o assoggettato ad altre forme di controllo al di fuori di quanto previsto dalla presente legge.

 

Art. 5

Clausola di invarianza

 

1. La presente proposta di legge non comporta variazioni in aumento o in diminuzione a carico del bilancio regionale, perché ai relativi costi si provvede nell'ambito della dotazione per le prestazioni e servizi garantiti con fondo sanitario regionale.

 

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