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Legislatura XI- Atto di indirizzo politico ogg. n. 2679

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Oggetto:
Testo presentato:
Risoluzione per impegnare la Giunta a implementare le possibilità per le Aziende di rendere più sicuri gli ambienti di cura. (16 02 21) A firma dei Consiglieri: Bergamini, Marchetti Daniele, Stragliati, Pelloni

Testo:

RISOLUZIONE

 

L’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna

 

Premesso che

 

Nel quinquennio 2015-2019, nella Sanità e nell’assistenza sociale si sono registrati circa 11mila casi di violenze, con una media di circa 2mila casi all’anno ed un andamento stabile nell’ultimo triennio. Gli infortuni di questo tipo, in ambito sociosanitario, si concentrano per il 41% all’interno di ospedali, case di cura, studi medici; il 31% nelle strutture residenziali, come quelle per gli anziani, e nei centri di accoglienza. Infine, per il 28%, nell’assistenza sociale non residenziale.

 

Numerosi organismi si sono pronunciati al riguardo e vale la pena di ricordare come il National Instituite of Occupational Safety and Health (NIOSH) definisca come violenza sul posto di lavoro: «ogni aggressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro».

 

«Gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari costituiscono – per voce del Ministero della Salute – un evento sentinella che richiedono la messa in atto di opportune iniziative di protezione e prevenzione» (Raccomandazione n. 8, novembre 2007; Ministero della Salute).

 

Nonostante l’obbligo sancito ai sensi del D.Lgs. 81/2008, da parte dei datori di lavoro di prevedere la valutazione e gestione del rischio, il problema rimane ancora irrisolto e spesso sottaciuto, nonostante di violenza ai danni dei dipendenti si parli ormai da alcuni anni.

 

Nel 2019, sono stati secondo l’INAIL 36.890 gli infortuni sul lavoro in sanità, il 7,3% di quelle della gestione assicurativa dell’Industria e dei Servizi. Il dato del periodo gennaio-settembre 2020, invece, ha fatto registrare episodi più che raddoppiati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, anche per effetto del COVID-19. A livello territoriale, il 53,8% degli infortuni si verifica al nord del Paese, ed il 12,8% di questi avviene in Emilia-Romagna, che è la seconda regione più colpita dopo la Lombardia (14,3%).

 

I tre-quarti delle denunce totali riguardano le donne impiegate nell’assistenza, in un settore in cui la loro presenza è particolarmente numerosa.

 

Nel 2020, l’INAIL ha documentato come un infortunio su 10 ai danni degli operatori sociosanitari sia da attribuire ad aggressioni. Si stima che tali infortuni siano tra le cause dirette ed indirette delle circa 278mila giornate di infortunio del personale e che avrebbe un’incidenza pari a 30.593.087 euro di danno erariale, nel solo comparto della Sanità pubblica.

 

Considerato che

 

Molti degli infortuni non vengono denunciati formalmente all’autorità competente. Gli episodi di violenza, che si misurano con l’Indice di Gravità utilizzato dall’INAIL, ma anche con la durata delle assenze dal luogo di lavoro, lasciano comunque una traccia indelebile nel soggetto che viene colpito da acting-out. Ovvero, dall’escalation che arriva, alla fine di un processo, all’episodio violento. Traccia che rimane sotto forma di sofferenza psicologica, cui non segue in alcuni casi un adeguato trattamento mirato alla risoluzione del problema.

 

Sull’incidenza del fenomeno influisce anche la carenza di personale nelle strutture. Un personale che deve occuparsi di un’utenza caratterizzata sovente da problematiche socio-economiche e psichiatriche.

 

I Pronto Soccorso delle strutture ospedaliere sono stati teatro, negli ultimi anni, di numerosi episodi violenti (aumentati anche a causa degli allungamenti dei tempi di attesa e della difficoltà di operatori soggetti a turni lunghi e sfiancanti). Tali episodi, tuttavia, non sono rari nemmeno in altre situazioni di cura. Nursing Up Emilia-Romagna, recentemente, ha affermato che la maggior parte degli atti di violenza contro gli operatori sanitari possono essere «prevenibili». 

 

In questi anni si sono portate avanti varie esperienze propedeutiche alla creazione di strumenti di auto-valutazione, che hanno come obiettivo quello di evitare ripercussioni negative sulla qualità delle prestazioni, favorendo la sicurezza per operatori e pazienti-utenti.

 

L’esperienza del modello di autovalutazione di alcune realtà operative, unitamente ad altre iniziative di formazione per gli operatori, mirate alla prevenzione dell’innesco di situazioni di acting-out, hanno dimostrato di poter incidere positivamente sul fenomeno.

 

Diverse buone pratiche rimangono circoscritte alle realtà in cui vengono sviluppate e promosse e questo costituisce un limite: sia perché tali iniziative non vengono socializzate ad altre strutture e operatori, che lavorano in condizioni simili; sia perché, non facendo adeguatamente “rete”, tali opportunità non vengono ulteriormente sviluppate. Per esempio, creando indicatori che abbiano una adeguata standardizzazione sul territorio nazionale, per organizzazioni sui generis. Anche perché tali fenomeni vanno comunque monitorati in maniera dinamica, per riorientare sforzi e iniziative, secondo il modello PDCA (Plan/Do/Check/Act), ed è fondamentale disporre di una quantità (e qualità) di dati indicativa della realtà italiana.

 

Il compito dell’Istituzione regionale è quello di promuovere, in tutte le forme possibili e con una pluralità di azioni, la salute dei cittadini, il benessere organizzativo delle strutture sociosanitarie, mettendo nelle migliori condizioni possibili gli operatori, ai quali deve essere garantito di poter lavorare in completa sicurezza. Ad esempio, promuovendo in tutte le forme e le modalità di socializzazione delle esperienze sperimentate con successo dalle singole realtà operative, per migliorare le condizioni di lavoro, tutelare gli operatori e la salute dei cittadini. Promuovendo, altresì, modelli di (auto)valutazione, che agiscano, non solo per il monitoraggio dell’evoluzione del fenomeno, ma da catalizzatore dei meccanismi di prevenzione, per un miglioramento qualitativo dei servizi offerti al cittadino.

  

Impegna la Giunta Regionale 

 

Ad implementare le risorse umane impiegate nei servizi sociosanitari, istituendo parallelamente turni di durata più breve, al fine di migliorare la qualità del servizio e di avere nei luoghi di cura personale maggiormente in grado di gestire le problematiche che potrebbero insorgere.

 

Favorire la formazione degli operatori, assieme a campagne informative per gli utenti. In particolare, per gli operatori sociosanitari, i percorsi formativi specifici potrebbero prevedere corsi innovativi come PNL, per l’interpretazione e il riconoscimento delle microespressioni facciali e del linguaggio del corpo, allo scopo di prevenire situazioni di rischio.

 

Implementare le possibilità per le Aziende di rendere più sicuri gli ambienti di cura, prevedendo protocolli di intesa con le Forze dell’Ordine e maggiori controlli da parte degli agenti nelle strutture sanitarie, e favorendo da parte delle Aziende stesse la creazione di “zone di sicurezza” per gli operatori minacciati.

 

Ad inserire meccanismi premianti (e incentivi) per quelle realtà che sapranno dotarsi di specifici strumenti di formazione, atti a prevenire l’innesco di comportamenti violenti, sia verbali che fisici, da parte degli utenti, nei confronti degli operatori.

 

Ad attivare un servizio di affiancamento psicologico per il personale coinvolto o maggiormente esposto al rischio aggressione.

 

Per favorire l’affiancamento delle Aziende nei confronti dei propri operatori, a sostegno del procedimento penale intentato dall’aggredito, al quale andrà riconosciuto un risarcimento per il danno subito.

 

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